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10 dolci tipici lombardi da non perdere
Martina
16 Aprile 2021

Lombardia: pensate di conoscere tutti i dolci tipici della tradizione lombarda?

Il panettone fa da capofila, ma ci sono anche il pan de mej, la torta di latte, la bisciola, il bussolà e la persicata.
Vi suggeriamo una decina di dolci lombardi che meritano di essere provati.

Il Re delle proposte dolciarie della Lombardia rimane sicuramente il panettone,
ma seguono la colomba, il pan de mej, la sbrisolona e la bisciola, anche detta “il panettone delle Alpi”.

Tra i meno conosciuti c’è la persicata, una sorta di cotognata di pesche che i contadini preparavano per ricordare anche d’inverno il sapore dei frutti estivi.

Come spiega Iginio Massari, bresciano di origine e uno dei più famosi maestri pasticcieri italiani:

“La pasticceria nasce dal campo e dipende dal mondo agricolo”

Combinando 4 semplici ingredienti di base, come farina, burro, uova e zucchero si possono creare migliaia di dolci buonissimi e la pasticceria lombarda ne è un esempio.

10 dolci lombardi

Il panettone
È il re del Natale, ma non solo: ormai viene proposta dalle pasticcerie per tutto l’anno.
Con il latte si trasforma nella colazione perfetta, mentre con il caffè diventa un goloso fine pasto.
È un dolce lievitato tipico di Milano, eseguito con tecniche di produzione complesse.
All’inizio veniva cotto “libero” sulle teglie e risultava basso e largo.

Agli inizi del 900 ci fu la rivoluzione: Angelo Motta inventa e introduce il pirottino di carta, che fa sì che il panettone si sviluppi in altezza. Nel 1919 si cambia anche la tecnica di fermentazione, facendo lievitare la pasta per due volte per 36 ore prima della cottura.
Natale era l’unico periodo dell’anno in cui ci si poteva concedere questo lusso gastronomico, fondato principalmente sull’abbondante uso di burro.

 

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La colomba
Il panettone sta a Milano come la colomba sta a Pavia.
Sono molte le similitudini con il panettone, ma la colomba si differenzia per la forma e per la glassa.
Nasce prima come pane arricchito di burro nell’epoca longobarda, precisamente durante l’assedio del 572.
Si racconta che il dolce fu donato dal pasticciere di corte al re longobardo Alboino che, colpito dalla bontà del dolce, lasciò libere le 12 fanciulle sedicenni che aveva chiesto come premio per aver conquistato la città.

 

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La torta del Paradiso
Leggera e soffice, simile alla torta margherita, nasce a Pavia nel laboratorio del maestro pasticciere Enrico Vigoni che, dopo aver appreso l’arte dolciaria a Milano, inaugurò nel 1878 la sua pasticceria nel cuore della città, proprio davanti all’Università.
Si racconta che un frate erborista della vicina Certosa di Pavia, eludendo le severe regole monastiche, uscisse dal monastero per andare alla ricerca di erbe curative.
Durante le sue segrete passeggiate, giunse fino a Parona, dove incontrò una giovane sposa che gli diede la ricetta della torta.
Una volta scoperto dal priore, il frate erborista fu rinchiuso dentro le mura della Certosa e qui, per consolarsi, non gli restò che dedicarsi alla preparazione della torta.
Il suo impasto soffice e delicato piacque immediatamente a tutti i monaci che la soprannominarono “torta del Paradiso”.

 

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La bisciola
Tramandato da oltre 200 anni è “il panettone delle Alpi”:
nasce da un impasto a base di farina di segale lievitato naturalmente con un procedimento lento di 36 ore, arricchito con uva sultanina, miele, noci e fichi secchi.
Prodotta tradizionalmente a Sondrio, in Valtellina, località molto amata da Leonardo Da Vinci: qui il grande scienziato trasse ispirazione per i suoi dipinti e per i suoi studi sulle acque.
La leggenda narra che nel 1797 le truppe napoleoniche, quando invasero il nord Italia, avanzarono fino alla Valtellina, dove si fermarono per una tappa.
In quell’occasione il cuoco di Napoleone chiese al proprio cuoco ingredienti trovati in questa valla e la leggenda vuole che il risultato fu la bisciola.

 

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Il pan de mej
Il nome mej deriva dalla parola miglio, farina che fino al XVII secolo si usava abitualmente nella panificazione e nella preparazione dei dolci, fino a che fu sostituita dalla farina di granturco.
Un dolce che rendeva felice i bambini e che si conservava da un anno con l’altro.
Si preparava  tradizionalmente il 23 aprile per celebrare S. Giorgio, come buon auspicio per una stagione fertile. S. Giorgio non è solo il protettore degli eserciti, ma anche il protettore dei lattai, per questo il 23 aprile era il giorno del rinnovo dei contratti del latte.

La persicata
Uno dei dolci bresciani più importanti, che valorizza i pescheti che un tempo circondavano la città.
La persicata è stata inventata dai contadini locali per ricordare durante l’inverno il gusto dei frutti estivi.
Si tratta di una confettura a base di pesche e zucchero, che diventa così densa da poter essere tagliata in piccoli parallelepipedi, poi ulteriormente ricoperti di zucchero.
Un dolce molto apprezzato da Gabriele d’Annunzio: si dice che lo consumasse dopo le sue performance amorose.

Persicata

Persicata di Iginio Massari

La sbrisolona
Un dolce campagnolo dalla consistenza friabile.
Nasce nel Cinquecento come dolce povero a base di farina di mais, farina bianca e zucchero miscelate nelle stesse quantità.
Nelle versioni più antiche, inoltre, non si usavano né burro o strutto, né uova, che invece oggi sono accolte nei ricettari moderni per favorire la manipolazione dell’impasto e diminuire la friabilità del dolce e il suo eccessivo sbriciolamento.
Con l’arrivo dei Gonzaga, la sbrisolona viene nobilitata con l’aggiunta di mandorle o nocciole tritate.
Le mandorle erano onnipresenti sulle tavole dell’aristocrazia medioevale e rinascimentale, erano le noci dei ricchi, almeno fino alla creazione degli amaretti, quando il profumo delle mandorle arrivò anche sulle tavole non proprio principesche.

 

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La torta del Donizetti
Una torta equilibrata, semplice e piacevole come una bella melodia.
Sembra che il dolce sia stato commissionato da Gioacchino Rossini al suo cuoco con l’intenzione di tirar su il morale al famoso compositore bergamasco Donizetti, che soffriva per amore.
In realtà è stato ideato da Alessandro Balzer nel 1948 per celebrare il centenario della morte del compositore.
Si tratta di una semplice ciambella a base di farina, fecola, burro, zucchero, uova, ananas e albicocche candite, impreziosita dall’aroma della vaniglia e del maraschino. Si serve spolverata con zucchero a velo.

La torta di latte
È la regina dei dolci tipici della Brianza.
Conosciuta anche come torta paesana, è un dolce povero che nasce dalla volontà di riutilizzare il pane secco, che veniva lasciato in ammollo tutta la notte nel latte. A volte, per rendere più golosa la preparazione, si aggiungevano anche le briciole o i biscotti avanzati.
Oggi si prepara arricchendola con frutta secca e cioccolato: ogni famiglia ha la sua ricetta che viene tramandata di madre in figlia.
Il latte, protagonista del dolce, rappresenta il prodotto più importante della Regione Lombardia, che copre il 40% della produzione nazionale.

 

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Il bussolà
È il principale dolce bresciano ed è legato alla tradizione natalizia.
Due le sue probabili origini: in lingua celtica il nome indicava la biscia arrotolata, segno di potere e di protezione, mentre, nella tradizione veneziana, il nome è riconducibile al salvagente di legno che si trovava sui galeoni.
È un dolce molto soffice, con un buco in mezzo, una nuvola che ricorda il burro e l’aroma del limone del Garda.
Il bussolà bresciano acquista la sua forma elegante intorno al 1870 grazie all’estro della famiglia di pasticcieri Piccinelli.

 

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Un post condiviso da Iginio Massari (@iginio.massari)

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