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Milano: com’è cambiata Chinatown con la pandemia

Milano: com’è cambiata Chinatown con la pandemia

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La Chinatown di Milano si adatta alla pandemia.

Nonostante le chiusure dovute alla crisi causata dalla pandemia, gli esercenti hanno più volte reinventato le loro attività. Si spera che l’anno della Tigre sia portatore di una vera ripresa.

Le lanterne per il Capodanno cinese in via Paolo Sarpi

Qualche settimana prima del Capodanno cinese, fra via Messina e via Paolo Sarpi, arriva il il venditore ambulante di dolci a base di biancospino e mele selvatiche.
Quest’anno insieme a lui sono tornate anche le lanterne rosse, montate già a fine dicembre e che rimarranno lì fino al 15 febbraio, data della Festa delle Lanterne, che delinea il termine dei festeggiamenti per il passaggio al nuovo anno della Tigre.

 

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A causa della pandemia, anche quest’anno i milanesi dovranno rinunciare, per il terzo anno consecutivo, alla famosissima Parata del Dragone. L’ultima si è celebrata nel 2019 è ha visto partecipi decine di migliaia di persone.

A febbraio 2020, dopo la sospensione e il diffondersi della paura del covid, il quartiere che ospita la Chinatown più grande d’Italia, con circa 30mila residenti, assunse un aspetto spettrale poiché la popolazione cinese decise in autonomia di chiudere tutti i negozi ed isolarsi, sentendosi considerata “portatrice del virus”.

Ma com’è cambiata la zona di Paolo Sarpi in questi ultimi due anni?

La parola d’ordine per i ristoratori è stata: resilienza.
Il Corriere ha intervistato alcuni ristoratori che hanno commentato la situazione:

“Quando le regole sanitarie anti-Covid l’hanno permesso, i clienti italiani sono tornati anche se adesso, a causa della nuova variante, stiamo subendo un calo fra il 30 e il 50 per cento e i turisti sono praticamente spariti”.

Nelle ultime stagioni si è affermato il fenomeno dello street food, che ha supportato economicamente il settore della ristorazione: mangiare baozi (panini cotti al vapore e ripieni) per i milanesi è diventata una vera moda e davanti a locali si formano lunghe code per assaggiarli.
Tuttavia, ci sono anche esercizi commerciali che hanno subito un arresto dovuto alla crisi:
sono decine i locali che hanno chiuso o si sono trasferiti in altre zone.

Francesco Wu, referente per le imprese straniere di Confcommercio e storico portavoce della comunità cinese ha affermato:

“Anche se fra alti e bassi, dal 26 aprile del 2021 i ristoratori e le altre attività non hanno più avuto chiusure imposte dalla pandemia,
a dicembre e a gennaio il calo degli affari si è fatto sentire a causa di Omicron;
i costi di gestione sono rimasti al 100 per cento ed eventuali ammortizzatori sociali sono stati esclusi.
Nonostante questo, speriamo nel 2022 per una vera ripresa”.

Reinventarsi

Negli ultimi 24 mesi i cinesi non si sono comunque persi d’animo e nonostante le chiusure non siano mancate, hanno più volte reinventato le loro attività, persino inaugurando tre enoteche specializzate in grandi vini italiani.

Da Kathay, un grande store che vende specialità etniche, fanno sapere: 

“Adesso il giro d’affari va abbastanza bene, fortunatamente il crollo del 2020 e del ‘21 comincia ad essere assorbito da una relativa normalità sanitaria, che comunque richiede la massima attenzione da parte di tutti per essere preservata”.

 

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Che sia l’anno della Tigre a portare una svolta positiva? Staremo a vedere!

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