“House of Gucci” ancora sotto accusa: “Il film ruba l’identità della nostra famiglia”
Patricia Gucci, pronipote di Guccio Gucci, ha criticato il film di Ridley Scott, anticipando che la famiglia potrebbe procedere per vie legali per il film “House of Gucci “.
Continuano le polemiche su “House of Gucci”, il film di Ridley Scott con Lady Gaga e Adam Driver. Questa volta è Patricia Gucci, pronipote di Guccio Gucci e cugina di Maurizio, a riaccendere il fuoco delle critiche al progetto cinematografico.
La donna ha detto all’Associated Press: “Siamo davvero delusi. Parlo a nome della famiglia. Stanno rubando l’identità di una famiglia per trarre profitto, aumentare i guadagni del sistema hollywoodiano. La nostra famiglia ha un’identità, privacy“. E ha ammesso che stanno valutando la possibilità di procedere per vie legali per difendere l’immagine della dinastia.
Nelle dichiarazioni rilasciate all’Associated Press, Patricia Gucci ha anche detto di aver fatto un tentativo con la moglie di Ridley Scott, Giannina Facio, per avere dei chiarimenti sullo scopo del film ma che finora non ha avuto risposte.
Lo sfogo della figlia di Aldo Gucci, primogenito di Guccio Gucci, fondatore della Casa di moda ha toccato anche la scelta degli attori a cui è stato affidato il ruolo dei membri della dinastia, in particolare di Al Pacino (Aldo Gucci).
“Mio padre Aldo era un uomo davvero affascinante, come tutti i Gucci, e molto alto, con gli occhi blu e davvero elegante. Sarà interpretato da Al Pacino, che non è particolarmente alto, e la foto che ho visto lo mostra come grasso, basso, con le basette, davvero brutto, ed è una vergogna perché non gli somiglia affatto”, ha detto Patricia Gucci.
Già nei giorni precedenti la donna era intervenuta sui suoi profili social criticando la rappresentazione del padre nel film: “Era la personificazione dell’eleganza, applaudito dai reali, dai capi di stato e dalle leggendarie star di Hollywood. Nel film è interpretato da Al Pacino, l’attore noto per il suo ruolo ne Il Padrino come mafioso e in Scarface come spacciatore, stigmatizzando generazioni di italiani e latini”.