Sul tema del test per misurare gli anticorpi dopo il vaccino c’è molta confusione.
Nell’ultima conferenza stampa, il Presidente Mario Draghi non ha contribuito a fare chiarezza. Il presidente del consiglio ha infatti rivelato che la prima dose di AstraZeneca ricevuta lo scorso 30 marzo, “ha dato una risposta di anticorpi bassa” e dunque gli è stato consigliato “di fare l’eterologa“.
“Funziona per me – ha aggiunto -, ancor più vero è che funziona per quelli che hanno meno di 70 e 60 anni“.
Molti esperti sostengono da tempo che il test sierologico dopo la vaccinazione non sia affatto necessario. Il motivo è principalmente uno: oltre ad essere di non facile lettura per i pazienti, questi test non tengono conto della protezione che deriva dalle cellule immunitarie e dunque offrono risultati parziali.
Le parole del virologo Cauda
“Contare gli anticorpi non spiega tutto” ha di recente spiegato il virologo del Policlinico Gemelli, Roberto Cauda, “gli anticorpi vengono prodotti nei confronti della proteina Spike, che è una componente del virus. Ma quando ci si ammala, o quando ci si vaccina, si crea una doppia risposta.
La prima è la risposta anticorpale, cioè quella legata alla produzione di anticorpi, che si calcolano attraverso un prelievo di sangue. La seconda è una risposta cellulare, che è più difficile da calcolare“.
Ci sono dunque soggetti che “potrebbero avere un numero di anticorpi inferiore a 80, che è la cifra ideale stabilità dall’Oms per essere sicuri” ed avere comunque una buona risposta contro il virus grazie alle cellule immuno competenti. Ancora più scettico l’immunologo Sergio Abrignani. A suo dire uno dei problemi è che “non esiste un test universale” e dunque spesso i risultati non sono confrontabili.